Erano scomparsi. Non ricordo quando accadde esattamente. So solo che un giorno, mi resi conto che non c'erano più. Il mondo era diventato più silenzioso, meno colorato. I fiori non volavano più come una volta, mentre le stelle di notte non scendevano ad illuminare la campagna. Quando pioveva, le lumache non invadevano le strade al punto che non potevo uscire di casa senza sentire uno scricchiolio sotto i piedi; mentre le lucertole avevano smesso di oziare sotto il sole, in quelle calde giornate estive. Erano scomparsi tutti, ed è stato allora che me ne sono andata.
Il mondo gira e le cose cambiano, cambiano sempre. Eppure, pensavo che certe cose sarebbero rimaste le stesse. Non avrei mai immaginato di vedere il mondo morire. Mia madre mi raccontava, quando ero piccola e passeggiavamo tra gli ulivi, che ricordava un tempo in cui farfalle di tutti i colori popolavano la campagna. Farfalle grandi, farfalle piccole, farfalle gialle, arancioni, blu, viola, nere, bianche. Erano fiori alati, arcobaleni sotto mentite spoglie, che ti mostravano la strada verso un altro modo di vivere. Volevo vedere quelle farfalle, quegli esseri incredibili che di fiore in fiore mantenevano viva la campagna. Ma aveva ragione, non c'erano più. Le farfalle ci circondavano, ma erano tutte dello stesso colore, e non così tante come ricordava.
Eppure, c'erano le farfalle e, quando pioveva, le lumache uscivano dall'erba e coprivano il cortile. Erano grandi lumache, le loro case maestose costruzioni che ondulavano seguendo la loro lenta marcia. Mia nonna mi raccontava che la gente le mangiava e che, dopo la pioggia, usciva a raccoglierle. Facevo sempre una smorfia quando me lo diceva, ma sorridevo e le chiedevo tante spiegazioni. Mia nonna conosceva la campagna. Mi ha detto quali piante si poteva mangiare, come la lattuga selvatica e i frutti di bosco. Attraverso lei, avevo la sensazione di conoscere la natura circostante e, crescendo, ho iniziato ad esplorare ciò che mi circondava.
Mi sono tuffata nel sottobosco sotto casa mia, dove i rovi mi hanno graffiato e i miei piedi si sono impigliati nell'edera. Lo chiamavo il “Regno dei Gatti,” perché i felini locali si aggiravano sotto quei cespugli, probabilmente contribuendo alla scomparsa degli uccelli canori. All’epoca, però, non lo sapevo e mi inoltravo con i miei amici tra i cespugli, inventando storie e ascoltando ciò che il mondo aveva da raccontare. Sapevo dove trovare le lucertole in estate e come intrappolarle in modo che, con grande dispiacere delle lucertole, potessi tenerle tra le mani. È colpa mia che molte lucertole hanno perso le loro code, ma è così che ho scoperto che le code continuavano a contorcersi anche dopo che le lucertole le avevano perse, e che le lucertole le potevano far ricrescere.
Ho trovato aculei di porcospino, ho salvato ricci dal bordo della strada, ho mangiato fiori di campo e ho raccolto asparagi selvatici. Sapevo dove trovare i capperi e quando sarebbero spuntate le more a fine estate. Ho mangiato fichi, colti direttamente dagli alberi, e ho ballato sotto i tigli. Mi sono punta le dita raccogliendo castagne e ho passato ore a cercare pinoli, i quali sarebbero stati inevitabilmente frantumati quando li aprivo con un sasso. Ero parte del mondo in cui abitavo, e il mondo era parte di me, ed è così che credevo che sarebbe sempre stato.
Le cose, però, cambiano, come sempre. La società si era allontanata dai fichi, dalle lucertole, dalle lumache, e dalle farfalle. Andavo a scuola, praticavo sport, e avevo sempre meno tempo da trascorrere fuori. Non ho visto il mondo cambiare, e non mi sono resa conto che coloro che amavo ci stavano dicendo addio. Come ho detto prima, è stata una fine lenta ma, anche nella mia vita frenetica, alla fine ho realizzato che i miei amici non c’erano più. Le farfalle erano ormai sporadiche, rimanevano api e calabroni, ma in quantità minori. C'erano meno scarabei colorati, e niente più lucertole, niente più lucciole. Di notte restavano solo i grilli a cantare, ma le stelle non ballavano più nei campi.
È stato allora che me ne sono andata.
Ho intrapreso un lungo viaggio che mi ha portata in terre lontane. Ho esplorato ecosistemi diversi, imparato storie diverse, incontrato persone diverse. Ho conosciuto aquile audaci, falchi pescatori, svassi, mudpuppies, storioni, ghiandaie, colibrì, fiumi che sembravano laghi, e laghi che sembravano mari. Ho incontrato l'oceano, le sue grandi onde e il vento incessante. Ho conosciuto cormorani, pellicani, balene, serpenti corallo e tanti altri esseri incredibili. È stata un'esperienza che mi ha aperto gli occhi: la vastità di questo mondo, la miriade di esseri, così tanti che non potevo nemmeno vedere, ma che respiravano la mia stessa aria e bevevano la mia stessa acqua. Eppure, più viaggiavo, più mi rendevo conto di quanto non sapessi. Non ero cresciuta in quelle terre lontane. Non conoscevo il significato di quelle paludi, né la forma di quegli alberi. Non sapevo quali fiori si potessero mangiare, né dove conducessero i sentieri di montagna.
Sembrerà strano, ma le rocce stesse parevano parlare una lingua diversa da quella che conoscevo. Il muschio raccontava un'altra storia, e i fiumi cantavano una canzone diversa. Eppure, è in questa terra lontana che, da adulta, ho iniziato a riscoprire ciò che avevo perduto. Ho ritrovato le lucciole e ho assistito a coreografie affascinanti. Ho seguito i gufi al crepuscolo, ho avuto scoiattoli che mi correvano sulle scarpe, e mi sono imbattuta con alci. Chiacchieravo con le anatre canadesi e sognavo di volare con gli avvoltoi dal collorosso. Il mondo che credevo di aver perso ha iniziato a parlarmi, ancora una volta, e ho trovato un nuovo legame, un nuovo modo di ascoltare e di parlare.
È stato con queste nuove storie che, nel corso degli anni, sono tornata a casa. All'inizio notai gli uccelli. Non so esattamente perché, ma non avevo ricordi d'infanzia di uccelli, fatta eccezione per le rondini, e anche quelle erano quasi scomparse quando me n’ero andata. Ho riscoperto tanti uccelli che non avevo mai visto. Uccelli bianchi di palude, gru, e tanti altri che ancora non conosco. Eppure, niente era più sorprendente che ritrovare un'estate, le lucertole, le farfalle e, la cosa più magica di tutte, le lucciole. All'inizio era un mistero. Come e quando erano tornati. Dove erano andati? È possibile che fossi stata accecata dalla modernità, e dalla mia vita quotidiana, al punto da aver smesso di vederli?
Poi, camminando, ho trovato un cartello affisso dal comune su una delle mura medievali. La città aveva vietato i pesticidi tre anni prima, e il mondo era tornato in vita. Stava solo aspettando, desiderando che gli umani vedessero ragione. Non avevo mai visto così tante varietà di farfalle. C'erano farfalle grandi e piccole, così piccole che sembravano petali di fiore svolazzanti nella brezza. C'erano farfalle bianche, farfalle gialle, farfalle viola, arancioni, nere, blu. C'erano miriadi di impollinatori, coleotteri di tutti i colori e dimensioni. La campagna era viva, e io ero viva con la campagna.
I ricordi iniziarono a rifluire e ricordai quello che sapevo, quello che avevo dimenticato. È stato come incontrare vecchi amici, solo con un occhio diverso. Ero un’adulta e, anche se conoscevo la storia di quella terra, avevo perso i contatti con i miei vicini di un tempo. Eppure la domanda rimaneva. I pesticidi avevano reso la campagna fiorita un terreno morto, dove solo poche specie resistenti potevano prosperare. In quanti altri posti sta accadendo questo, e su quale scala? Cosa abbiamo perso? Cosa stiamo perdendo?
Non so cosa lasceremo alle generazioni future. So solo che, in un piccolo angolo di questo mondo, nel frammento di campagna coltivata dove sono cresciuta, la messa al bando dei pesticidi ha permesso a una miriade di esseri di tornare a prosperare. Sono sicura che molti altri torneranno, col passare del tempo, come le lumache marroni che eruttavano nei giorni di pioggia e coprivano strade e marciapiedi, una barriera corallina piena di vita. Voglio pensare che un giorno potrò raccontare le loro storie ai miei figli, così che anche loro possano imparare cosa significa vivere in questo mondo. Cosa significa far parte della vita.
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Nel 2017, il Comune di Carmignano ha vietato l'uso del pesticida glifosato. Da allora, Carmignano ha partecipato a un progetto chiamato "GlifoBee", che monitora il contenuto di glifosato nelle acque superficiali e negli impollinatori. Negli ultimi anni, non ci sono state tracce di glifosato nelle api, negli alveari e nelle acque superficiali. Dal 2018, Carmignano è anche membro della rete Europea delle "Città Libere da Pesticidi".